Non puoi. Non puoi portarti tutta quella roba, non puoi mangiare solo vitamina B12 per le prossime settimane. No, tutta quella roba non ti servirà, lasciala a casa. No, questo weekend ci resti tu, a casa, ti alleni la prossima volta. No, non è esattamente quello il materiale per il tuo nuovo telaio. No, no: quella posizione in sella, rivedila. No, non puoi mangiare banane per 600km. No, i sali minerali lasciali stare. No, non andar via leggero. No, se poi stai male, non ti voglio sentire lamentare per tutta quella fatica. No, la deviazione non la facciamo, siamo già cotti oggi. No, lo sterrato per carità: te e le tue gravel. Di quanti no è lastricata la via degli Imperatori? Non puoi farcela, non puoi portarti questo, non puoi uscire quel giorno lì, non puoi mangiare carne di struzzo, non puoi dormire sulle panchine per allenarti all’aperto. Ma tu, sotto sotto, stai così bene con le tue incertezze, i tuoi errori, le tue prove di allenamento: ti piace così tanto, imparare lasciando sudore e acume sull’asfalto.
La Rando Imperator non è una randonnée che si improvvisa: specie nel brevetto lungo da 600km, ci sono dentro talmente tante variabili da considerare che arrivare lì, alla partenza a Monaco, con l’atteggiamento di chi «vede un po’ come va», non è proprio lungimirante. La distanza, l’altimetria, il manto stradale, le ore in sella, le ore sveglie, il freddo, il caldo, la pioggia e il sole, il bagaglio, i materiali, l’attrezzatura: ci sono infinite variabili che scoraggerebbero qualsiasi approccio romantico alla «io vado e ci provo». Bisogna, provarci: ma si diventa randonneur sempre e solo sulla propria pelle. Sperimentando, sbagliando, resistendo. Facendo l’amore con il dolore della randonnée, nel trapasso alpino tra le cose programmate e le cose vissute: tra la sceneggiatura che passi a scrivere per dodici mesi prima, e quelle luci che si accendono sul palco della via Claudia Augusta, dove lo spartito vola via tra gli alberi del Fernpass. Non potrai, non farcela.
(continua)