Per la prima volta in quattro edizioni, alla Rando Imperator sono apparsi oggetti non identificati, come una crema solare. Era lì, appoggiata su un tavolo al ristoro di Mantova, quello del risotto alla mantovana e dell’accoglienza speciale dell’Avis. La Rando Imperator 2018 è stata bagnata dal sole: non è mai sceso, e finalmente tutti hanno potuto pedalare asciutti e felici.
E con il sole, c’è sempre stato il sorriso, il pollice alzato, il non lamentarsi mai della fatica, di tutte quelle ore in sella, delle tracce saltate su Strava o delle ginocchia doloranti. Il miracolo che ogni anno si ripete, a ogni Rando Imperator ma crediamo ad ogni randonnée, è che più i randonneur pedalano e più la vedi, quell’espressione, di gente che è felice di fare fatica. Non riusciremo mai a spiegarlo compiutamente, ma così accade: all’arrivo quasi a mezzanotte ciclisti stremati che nemmeno riescono a scendere dalla bici, barcollano verso il timbro finale porgendo un educato ‘buonasera’. Riusciremmo a essere altrettanto educati un lunedì mattina riposati dentro la propria auto? Il miracolo si ripete, e sui ciottoli di piazza Castello fioccano le giustificazioni, «io più di 150 km mai fatti eh», «un giorno intero in bici mai stata, eh», eh, diciamo noi, eppure ce l’avete fatta, tutti, e come ci siete riusciti?
La felicità di stare male per stare bene, lontani da ogni spiegazione psicologica, perché è tutta colpa dell’istinto, quello che ti fa girare le gambe, quello che dopo 500km fatti e ancora 100 da fare, controvento, ti fa fare delle tirate ai 30kmh perché c’è tua figlia che ti aspetta all’arrivo o la tua morosa o anche nessuno, soltanto te stesso che vuole dirti ‘ce l’ha fatta’. C’è un ricordo da scolpire nella roccia, anche solo per aver avuto il coraggio di iscriversi, anche solo per farlo ricorsivamente tutti gli anni, come fosse un mantra, «la Rando Imperator è il mio karma», la si fa perché così è, e basta, perché per due giorni sei lì che vedi tutto, fai tutto quello che in bici puoi fare, salite, discese, pianure infinite, sterrati battuti e asfalti sgranati, ma poi quello che conta è come mulina la testa, e quella non può essere tracciata da nessun Garmin.
Ognuno trova le sue risposte, tra Monaco, Bolzano e Ferrara, 600 e passa km sono abbastanza per trovare la propria. Si parte dall’alba che sembra notte, si arriva di giorno che sembra notte, per il sonno che cola dalle spalle, il tempo si annulla come le lingue, si sente parlare dialetto veneto, friulano, modenese, ferrarese, lombardo, si sente parlare tedesco, russo, inglese, si inizia stando a ruota di un gruppo e finendo per tirare qualcun altro, ci si mescola tra sconosciuti per conoscersi per sempre, perché quando ce la si fa, si ha in comune qualcosa non cancellabile. Si parla troppo, si sta zitti, si dorme appoggiati al portone del Municipio o su un’umile panchina, si dice sempre sì alle foto, si entra in ogni bar aperto dalla Baviera all’Emilia, si risponde alle domande degli umarell in riva al Po che si chiedono che diavolo stiano facendo questi, da dove arrivano, e poi deviano e iniziano a parlare di rapporti e cambi di bici che nemmeno esistono più. Si dà coraggio a bambine che imparano ad andare in discesa su quella stessa rampa al 10% dove tu stai sputando sudore, perché magari hai pure le mani ustionate dal sole e non hai ancora deciso di tagliare i tuoi guanti invernali (lo farai al tornante dopo). Si passa per paesi addormentati, paesi che si svegliano, tra pascoli e trattori incuranti di quanto sta avvenendo, tra pecore, mucche, erba appena tagliata, idranti burloni, turisti, vecchine che si riparano dal sole, Punto grigie col baule aperto da cui sbucano impietosi fotografi, passaggi a livello, treni, traffico sulla Gardesana, cartelloni pubblicitari, parchi giochi ancora chiusi, fortezze abbandonate, castelli medievali, prati di girasoli, dighe e centrali elettriche, tramonti e nuvole, pizzerie al confine, tornanti e bar sport, palloncini colorati e musicisti di strada, paste mangiate sui ciottoli, abbracci spontanei.
Se uno si vuole affidare ai numeri, per descrivere la galassia di una randonnée, eccoli: 172 iscritti per l’edizione 2018, spalmati sui tre brevetti Audax, Monaco-Ferrara, Monaco-Bolzano e Bolzano-Ferrara. Se uno si vuole affidare al calendario, per fissare i ricordi, le date erano sabato 5 e domenica 6 maggio. Noi ci affidiamo semplicemente ai grazie, per ripartire e sperare che il prossimo maggio arrivi in fretta. Grazie a tutti i partecipanti, a chi l’ha finita ai 30 di media, a chi è arrivato per ultimo, a che non è arrivato perché sulla strada ha incrociato sfortuna (caro Mauro, ti aspettiamo il prossimo anno, ancora!): voi ci insegnate che cosa sia il ciclismo, essere lenti, anzi, essere semplicemente quello che si vuole essere.
Grazie a tutto il nostro staff, prezioso, imprenscindibile, paziente e soprattutto pieno di passione: Michela, Linda, Mara, Enrico, Claudio e Francesco.
Grazie al nostro partner: Azienda di soggiorno Bolzano/Bozen.
Grazie ad ARI Audax Italia. E grazie al Comune di Ferrara.
Grazie a tutti i nostri compagni di viaggio: Bike Inside, Miss Grape, Cinelli, Oxeego, Never Alone, BAC, Sportler, Scavezzon, Nautica Sermide, Bunden Brau, Conselve Vigneti.
Grazie a tutti i ristori: Bar Daniel al Passo Resia), Bicigrill Ruota Libera ad Avio (grazie Marco e Irene come sempre!), graziegraziegrazie all’Avis Provinciale Mantova (Vito e tutti gli amici di Cerese, commoventi), Nautica Sermide (Giorgio e tutti voi).
A guardarvi tutti quanti a pedalare, non sapete che voglia venga di mollare tutto, durante la randonnée, salire sulla prima bici a tiro, e venire con voi, diobono.