Parcines è un piccolo borgo lungo la via Claudio Augusta, poco oltre Merano, ed è caratterizzato da due cose: proprio a Parcines (un paio di km prima, per la precisione) il corso dell’Adige, ancora adolescente, viene strozzato da una diga autoritaria, per poi precipitare di diverse decine di metri innescando una cascata generatrice di arcobaleni. Consiglio per l’estate: quando la chiusa è aperta e l’acqua defluisce, se tira vento la nuvola di arcobaleno si riversa sulla vicina ciclabile, e si viene leggermente bagnati. Questa è la prima cosa, la seconda è che Parcines pare essere il paese d’origine di Peter Mitterhofer, nome ai più sconosciuto. Eppure il buon Peter nel lontano 1864 inventò il primo modello funzionante di macchina da scrivere. Oggi nel suo paese si può trovare anche un museo dedicato a questa invenzione, ma quando era in vita Peter non ebbe così tanta gloria. Si narra che andò addirittura a Vienna alla corte dell’imperatore asburgico per mostrare le meraviglie della sua invenzione tecnologica, senza ottenere grandi riscontri. Gli ultimi anni della sua vita furono così bagnati di frustrazione, e di arcobaleni Peter ne vide ben pochi.
Nel raggio di poche centinaia di metri la via Claudio Augusta raccoglie già due storie che riscaldano. Noi oggi siamo partiti da Ferrara per mapparne il percorso, tracciare le coordinate GPS, annotarci i punti critici, il tutto per preparare come si deve il roadbook della Rando Imperator, la nostra randonnée che l’1 e il 2 maggio porterà tanti amanti della bicicletta da Monaco di Baviera a Ferrara (i più volenterosi, per i più pigri o sani di mente c’è sempre la possibilità di percorrerne solo metà, da Monaco a Bolzano o da Bolzano a Ferrara, ma non divaghiamo). Eppure il gps non si riempie solo di toponomastiche ricche di consonanti, ma di immagini, personaggi, coincidenze. Per dire, siamo partiti all’alba ed eravamo ancora in autostrada quando siamo stati “sorpresi” dall’eclissi di sole, e l’abbiamo scrutata guarda caso proprio in un bicigrill (quello di Nomi, in provincia di Trento), ancora chiuso in attesa che il sole torni prepotente. Lungo la Destra Adige, vera e propria “Champions League” delle piste ciclabili italiane (per cura dei dettagli, percorso, livello di manutenzione), alcuni ciclisti tiravano dritto, sancendo la supremazia della bici persino sul Dio Sole oscurato, altri invece si fermavano a bordo pista provando a scattare improbabili foto col telefonino. E ognuno ci trovi le metafore che preferisce.
Da Bolzano siamo così partiti in direzione Val Venosta, fermandoci a sedere sulle giganti sedie all’altezza di Lagundo, forse tra i punti più saporiti della via Claudio Augusta: una serie di sette tornanti in mezzo ai vigneti, con i rami secchi degli alberi e i colori desaturati dell’inverno ad avvolgerci e darci spinta. Una sosta al birrificio Forst e poi dritti verso Silandro, le prime cime innevate delle Alpi, i riflessi del tramonto sulle montagne a Malles, fino a quello scrigno di silente metafisica che è il campanile semisommerso di Curon. Siamo a Resia, di là dal confine ci aspetta l’hotel dove dormiremo. Alla dogana, se ci avessero chiesto qualcosa da dichiarare, avremmo risposto raccontando la storia di quel campanile, che lascia infreddoliti come l’aria che si respirava sulle rive del lago ghiacciato, dove i sassi più pesanti si fondono con il ghiaccio ma non affondano, diventanfo una cosa diversa dalla somma delle parti, qualcosa che forse, deve ancora essere spiegato davvero. Noi pedaliamo anche per questo.