BOLZANO – E’ passato 1 anno esatto dal ritiro dellaBolzano-Ferrara 2013. E’ passato 1 anno da quando ci fermammo al bar di Calto. E’ passato un anno, ed ora è tempo di pensare a pedalare per portare a casa una randonnee che ci regalerà grandi emozioni e grandi sorrisi. Lo staff della Witoor è impeccabile, gentile, simpatico, disponibile e col sorriso sempre sulle labbra. Un incredibile gruppo…tutto da scoprire.
Torniamo a noi, noi della Polisportiva Spilambertese che abbiamo un conto in sospeso con questa Randonnee. La squadra se cosi si può definire, è leggermente diversa dallo scorso anno: abbiamo persoMaccy (Massimo Toricelli), scalatore su roccia che è di rientro proprio oggi da qualche giorno trascorso in parete. Al suo posto si è aggiunto Guerz (Enrico Guerzoni), compagno di mille avventure, amico da sempre e grande pedalatore. Poi gli altri tre, io, Giannino (Gianni Debbi) e Adriano (Mario Zuntini).
Sono le 13:30 del 25 Aprile, mi sono appena alzato da tavola dove una succulenta grigliata accompagnata da buon vino ha fatto da cornice ad uno splendido pranzo organizzato da mia fratello e dalla sua compagna. Mi dispiace lasciarli, ma dopo qualche saluto e qualche “in bocca al lupo“, mi dirigo a casa di Guerz. C’è il sole e le previsioni meteo sembrano decisamente belle. Carichiamo la bicicletta e ci dirigiamo verso la Baia del Re, dove ad aspettarci ci sono già Giannino ed Adriano. Due battute e poi si parte verso Ferrara, dove ci incontreremo col nostro amico Giovanni Garbo di Bologna. Durante il tragitto in autostrada scambio qualche battuta col Guerz: dal ciclismo professionista al nostro tipo di cilismo, due mondi molto diversi accomunati dalle due ruote. Siamo nel parcheggio a Ferrara, quando Giovanni mi telefona: “Dove sei?, Non ti vedo”. Eccoci qua, scarichiamo le bici, montiamo le ruote ed andiamo verso il pulman. Visi noti, sorrisi e qualche chiacchera ci portano sul pulman. Col solito modo goliardico che li caratterizza, Fabio Bardelli eLuca Bonechi, accolgono il nostro Giannino come due grandi amici di vecchia data. Scherzi, ricordi delle goliardate passate e tante pacche sulle spalle! Spettacolo! Paolo Caiazzo, conosciuto su internet si fa avanti e mi saluta. Subito dopo intravedo Gianni Tredesini, poi gli organizzatori Giona e Marcello e ancora altre persone incontrate lo scorso anno sempre per la stessa occasione. Il viaggio è un po lunghino, ma del resto Bolzano non proprio dietro l’angolo e fra una “dormitina” e qualche risata arriviamo a destinazione. Scarichiamo le bici, sistemiamo il nastro al manubrio di Adriano che durante il viaggio si era danneggiato e poi tutti a cena. Il cibo non è il diavolo, ma il vino è buono e dopo una caraffa riusciamo a dare il meglio di noi. Adriano è una sagoma e ci racconta di tutto, facendoci piangere dal ridere. Giannino non è da meno mentre Guerz e Giovanni intrecciano discorsi sul comportamento da tenere sulle strade mentre si pedala. Io rido, li osservo, felice di sedere al tavolo con loro. Dopo cena si sale in camera cerchiamo di dormire: Guerz crolla, dorme profondamente, Giannino lo sento girarsi nel letto ed ovviamente anche io non riesco a prendere sonno: diciamo che dormo con un occhio aperto. Suona la sveglia alle ore 3:30: ci alziamo e mangiamo. Solito contenitore con pasta e tonno, che però devo dire non essermi venuto proprio bene bene. Lo mangio perchè devo…ma se avessi potuto lo avrei lasciato lì. Ore 4:30 scendiamo le scale ed andiamo a preparare le nostre biciclette. Sebbene l’orario presto riesco a fare qualche battuta, mentre gonfio le ruote dei miei compagni. Accendiamo le luci e si parte mentre un cielo stellato ci fa ben sperare e col solito sorriso ci dirigiamo in Piazza Walther. Qualche randonneur c’è già, altri arriveranno e dopo l’immancabile caffè lo staff ci fa radunare davanti alla partenza. Fra i ciclisti intravedo una sagoma nota: E’ Giancarlo Concin di Merano. Un uomo che non ti fa mai mancare un sorriso, un parola e la sua stretta di mano!L’ho conosciuto alla randonnee dello Stelvio (che vi consiglio di fare) e da allora è sempre un piacere incontrarlo. Qualche foto di rito e poi si parte verso sud. Si parte con le ultime ombre della notte, i fanali ben accesi e gli occhi ben aperti per individuare la strada da percorrere. Il passo è veloce, mentre tutti i ciclisti del gruppo si mettono in fila. Uno dietro l’altro, in ciclabile affiancati e con tanta voglia di pedalare. Mi trovo in mezzo al gruppo che come al solito non mi fa pedalare tranquillo. Non sono abituato ad andature sostenute stando a gomito a gomito con chi mi affianca o con chi mi precede, quindi lentamente mi sfilo e vado a chidere il gruppone. L’andatura è sempre elevata, ma da ultimo del gruppo riesco a guardarmi anche intorno, a scattare qualche foto mentre il contachilometri spesso non scende mai sotto i 36 km/h. Si pedala, mentre il sole inizia ad illuminare l’orizzonte. Siamo lungo la ciclabile dell’ Adige, intorno a noi solo campi coltivati, frutteti e vigneti, mentre sia alla nostra destra che alla nostra sinistra si innalzano le Alpi. Noi siamo come formiche se paragonati a quelle cime cosi vicine, ma cosi lontane. Le imponeni Alpi ci fanno focalizzare l’attenzione all’orizzonte, come se fossimo dei cavalli con i paraocchi. Un cielo azzurro sopra le cime ancora innevate, che lentamente si fanno più nitide mentre la notte ci saluta. Qualche parola rompe il silenzo di noi ciclisti ancora un po assonati, mentre sono al fianco di Adriano e poi di Guerz. Siamo stupiti dall’andatura sostenuta e ci chiediamo fino a quando riusciremo a restare attaccati a questo treno che sembra non volersi fermare mai. Non molliamo e stiamo attaccati, a volte andiamo davanti noi, a volte stiamo in mezzo, ma ugualmente pedaliamo, cercando di alimentarci e bere il più possibile. Dopo circa 65 km ecco il primo ristoro: ci fermiamo, timbriamo e mangiamo. Passano pochi istanti quando Simone(organizatore) richiama l’attenzione di noi ciclisti. Chiede: “Zuintini Mario?? Zuntini Mario??“. Mi guardo intorno, sorrido e vedo Adriano (Zuntini Mario) andargli incontro. Simone sorride: “La chiave dell’ albergo….l’hai te?“. Adriano sorride a sua volta, si infila la mano nella tasca: “Ecco perchè andavo cosi piano…ero appesantito!“.Fra una risata e l’altra lasciamo il ristoro. La ciclabile che percorriamo lungo l’Adige è bene o male tutta pianeggiante, qualche su e giu per spezzare la monotonia della pianura per poi giungere alla prima ed unica salita un po impegnativa che ci porta sulle rive del lago di Garda. La salita è abbastanza duretta, se pensiamo che la velocità media fino a quel punto era di 33 km/h dopo aver percorso 100 km. Affrontiamo la salita del nostro passo per poi aspettarci in cima. Noi 4 siamo sempre uniti, mentre c’è qualcuno che ha fretta e parte appena dopo aver scollinato. Li riprenderemo subito dopo, visto che nell’indecisione su quale strada percorrere li ritroviamo fermi ad un incrocio. Loro andranno dritto, mentre noi ci affidiamo al nostro buonsenso e alle indicazioni stradali che ci portano verso Lazise e poi Peschiera. Superiamo qualche ciclista, qualche altro ci supera per poi giungere in centro a Peschiera, dove la splendida giornata ha richiamato numerosi turisti. C’è traffico e molte macchine sono ferme in colonna, mentre noi ciclisti con estrema attenzione e agilità ci destreggiamo fra un mezzo e l’altro. Chiediamo due informazioni per raggiungere il controllo. Una gentile signora ci indica come arrivare alla ciclabile che costeggia il Mincio: “la ciclabile è lì sotto…forse dovete fare un pezzo a piedi“. Ci fidiamo e scendiamo senza pensarci: percorriamo circa 50 metri lungo uno sterrato ripido e con sassi decisamenti grandi, un percorso più adatto ad una mountainbike! Probabilmente abbiamo sbagliato strada, ma raggiungiamo il secondo controllo dopo qualche centinaio di metri. Panini col formaggio, pezzi di formaggio, panini con la Nutella, merendine, bibite e acqua. Un paradiso per un ciclista che ha alle spalle 165 km. Si riparte, l’acqua del Mincio è verde trasparente e la vegetazione intorno è rigogliosa. La ciclabile inizia a riempirsi di famiglie con bambini e ragazzi che passeggiano. Cerchiamo di zizzagare e per non provocare incidenti, suoniamo spesso la nostra trombetta, salutando i bambini che con le loro biciclette pedalano dietro o davanti ai propri genitori. Saranno i ciclisti di domani! Ora siamo diretti a Mantova, dove ci aspetta il terzo controllo. Lungo il tragitto foro e siamo costretti a fermarci, lasciando sfilare i pochi cicliti che erano con noi. Smonto la ruota anteriore, cambio la camera d’aria, mi lavo le mani sporche in un fossato pieno d’acqua e ripartiamo col sorriso di sempre. L’arrivo a Mantova è come al solito per noi un problema. La conosciamo poco e fatichaimo a trovare la retta via che ci conduce al Virgilio dove un buon risotto alla pilota ci fa da pranzo. Il riso di per sè è asciutto e cosa c’è di meglio di qualche bicchiere di Lambrusco? In questo ristoro torno ad incrociare lo sgurdo di un “amico”. Sarà la stanchezza, sarà il vino, ma non ricordo il suo nome. E’ un personaggio che non passa inosservato: ha un pizzetto alla Dartagnan, il capello un po grigio (come i miei) e il sorriso sempre pronto. Con la mia faccia suonata gli chiedo: “qual’è il tuo nome?“. “Michele” mi risponde. Scambiamo qualche battuta sulla distanza che manca e sul fatto che si ricorda di noi: “…si voi siete quelli di Calto…“. Sorrido e dentro di me mi dico “….dai…ancora Calto….dopo 365 giorni torna come un fantasma“. Lo invito a stare con noi, a pedalare fino a Ferrara, visto che lui è della zona e conosce le strade sicuramente meglio di noi. Partiamo e cerchiamo subito la ciclabile che dista pochi km dal ristoro. Davanti si è messo Giovanni, poi Guerz, Michele, io e tutti gli altri. Giovanni ha un passo strepitoso e quando tira lui non ce nè per nessuno. Ha una gamba che sembra un “motorino“. Ci alterniamo sempre noi 4, mentre il gruppo è compatto in scia. Nessuno ci da il cambio, ma restano tutti a “ciucciare la ruota“. Cerchiamo di mantenere i 30 km/h per non far affaticare troppo Giannino ed Adriano che hanno speso molto nella prima metà del percorso. Sono davanti, parlo con i miei “soci“, devo fermarmi per “cambiare l’acqua al canarino“. Detto fatto, metto fuori la gamba e mi fermo. Si fermano assieme a me Giovanni Guerz e Michele mentre Giannino ed Adriano rallentano vistosamente. Tutto il resto del gruppo incurante di noi, continua come se niente fosse. Bella ricoscenza per chi ti ha dato la “ruota da ciucciare” fino a quel momento. Ripartiamo e poco dopo vediamo il gruppetto che rallenta: c’è chi si sgranchisce le gambe, chi guarda la cartina e chi si guarda indietro. Appena li superiamo tornano subito tutti a ruota. Mi parte l’ embolo! Mi faccio sfilare, mangio un po di zuccheri e torno a tirare. Guerz mi segue, Giovanni mi da una mano e Michele non molla. Stacchiamo tutti e ci allontaniamo all’orizzonte. I prossimi km li faremo in coda ad un altro gruppetto che raggiungiamo poco dopo. La velocità non scende mai sotto i 38 km/h e decido di mollare. Rimaniamo io Guerz e Michele. Guerz è al mio fianco e alle mie spalle sento: “Che ne dite di una birra?“. Detto fatto, Michele ci porta al primo bar che conosce. Non ha prezzo una birra fresca alle 16 di pomeriggio. Ormai mancano poco meno di 40 km, ripartiamo sempre noi 3, pedaliamo un po in fila, un po affiancati ma sempre con la battuta pronta. Arriviamo sulla ciclabile della Burana (se non sbaglio), un lungo tragitto fra pioppi e piumini. Un po tiriamo, un po ci riposiamo, ma quel tratto di ciclabile sembra non finire più. All’orizzonte intravediamo il cartello “FERRARA” che ci indica l’arrivo. La piazza è gremita di gente, c’è chi passeggia, chi fa l’aperitivo e chi ci aspetta. Siamo contenti, siamo felici d’essere arrivati. Poco dopo di noi arrivano anche Giannino e Adriano, con loro si “chiudono i conti” lasciati aperti a Calto nel 2013. Grazie Michele…la tua compagnia negli ultimi 100 km non è stata niente male, anzi è stata il valore aggiunto a questa bella randonnee!Passano pochi istanti quando incrocio lo sguardo del “Lambert“, venuto in piazza per salutare i suoi compagni di squadra. Personaggio strepitoso, sorridente e fin troppo generoso. Siamo a “casa” sua e non ne vuol sapere: ci offre una buonissima birra con qualche gustosissimo stuzzichino. GRAZIE LAMBERT….ora siamo in debito!
Tutte le volte che ci si saluta, ci si da sempre appuntamento alla prossima randonnee, sapendo d’aver incontrato e conosciuto persone che come noi apprezzano le cose semplici e pedalano con lo spirito giusto ad una randonnee e non ad una gara.
Articolo e foto tratti da Randonneepercaso.wordpress.com