Venerdì 9 giugno | Pavia – Valenza

Quando i nomi racchiudono il loro destino ti viene voglia di fermarti e presentarti. Tra Pavia e Valenza, lungo il Po, c’è il paese di ‘Alluvioni cambiò’, per esempio: una storia al posto di un nome. Fatta di alluvioni che portarono di qua dal fiume abitanti dell’altra sponda bloccati dalle inondazioni di secoli fa. Il secondo weekend a supporto del VENTO Po Bici Tour 2017 ha il suo destino nel nome: il vento che alza la polvere e fa alzare nuvole quando passano i ciclisti. Il vento di qualcosa che non esiste ma si fa sentire: Vittorio che pedala da Venezia e se la sta facendo tutta, ragazzi e ragazze straniere che conoscono l’Italia così, mangiando ciliegie e polvere, castelli fatati dove come una favola prima di andare a letto ti offrono pane, marmellata e un bicchiere di latte. Il destino nei nomi dei posti che attraversiamo, come Piovera, futuro sopito che aspetta ancora tanti altri ciclisti per rendere vera la ciclovia. A Bastida Dè Dossi una anziana signora sente sferragliare catene e cambi e si affaccia in strada: «Come siete bravi», dice, e al sentire di Venezia città di partenza, rivendica orgogliose le sue radici venete. Il vento alza la polvere e tutto è giallo: dal grano in golena alle vetrine sbiadite dal sole di negozi ancora o per sempre chiusi, ai ricordi e alla fatica. E municipi, campi di calcio, cave o fornaci abbandonate, ponti coperti e arrugginiti, i pioppi colonizzatori di km su km. Ciao, ciclovia, siamo qui per non smettere di pedalarti incontro. Il vento sta arrivando a tenere tutto insieme.

Sabato 10 giugno | Valenza – Trino

Non aspettare che sia il momento giusto: se vuoi pedalare c’è sempre una strada da percorrere. Il secondo giorno dell’ultimo weekend del VENTO Bici Tour 2017 va da Valenza a Trino: quando il Po incontra i dolci profili del Monferrato. Si aggregano altri ciclisti che a casa non ci vogliono proprio stare, creme solari vengono dimenticate nel nostro furgone e si rimane nudi di fronte a quello che ci aspetta. Le zanzare della grangia di Pobietto, posto dove Ghirri sarebbe stato Ghirri e oggi monumento vivente alla civiltà contadina che prende la pelle e gli occhi. Le risaie e le bocciofile sull’argine, gli orti miti e modesti e i ragazzini sulle panchine a parlare tutto di niente. Siamo in Piemonte e ci piove addosso l’estate, Casale Monferrato e le officine della Fiab, i giri per il centro come fossimo in gita a scuola, le scatole Olivetti di fronte all’ex mercato di Casale, il caldo stordisce e i cartelli arrugginiti che ammoniscono alle strade dissestate ci ricordano come questo è un’autoprofezia ad occhi aperti. Prendi il sole in faccia su una ciclovia che esiste in Google Maps ma nella realta è tutta da ricucire. «È la prima volta che pedaliamo così tanto», ci dice una coppia di ciclisti, e siamo sempre un po’ contenti quando qualcuno decide di mettersi a nudo. La strada poi è una sola, e tra banchetti ristoro autogestiti a base prezzemolo del proprio orto, prosecchi stappati e i clacson degli automobilisti, non importa se siamo a Pobietto, Casale o Trino: pedalare è una resa, a essere notati da chi nemmeno sa di abitare su una ciclovia da Venezia a Torino, a essere scottati, a non volersi fermare, mai. Domani arriviamo a Torino, con troppi posti ancora da vedere. E c’è chi si ferma in piazza a Trino a leggere un libro: per fermare il tempo, giusto un secondo.

Domenica 11 giugno | Trino – Torino

Siamo a Verolengo, giugno impazzito fa piovere caldo e sole sopra i ciclisti. Così entriamo nell’unico bar aperto a saccheggiarlo di bottigliette d’acqua, come si faceva una volta al Giro d’Italia. L’unico avventore del bar ascolta la nostra storia, «stanno passando dei ciclisti che arrivano da Venezia», e senza dire nulla si alza e prende le bottiglie e ci aiuta a caricarle sul furgone. Una delle mille cose che ci mancherà del VENTO Bici Tour 2017 saranno le reazioni degli abitanti dei paesi attraversati: ignari, stupiti, rapiti, incuriositi. Empatici, volendo esagerare? L’ultimo giorno ci porta da Trino a Torino: dalle risaie ai mulini, alle chiuse con le valvole sporche di grasso che fanno girare acqua e storia, alle deviazioni non previste che le benedici e maledici, alle famiglie che faticano sui cavalcavia ma sorridono stremati all’arrivo. Ci mancheranno da morire i bagnanti sulle rive del fiume a Brandizzo, periferia di Torino che sembra la Riviera Romagnola, iconografia popolare di un’Italia (alert retorica elevatissimo, scusate) che esiste ancora, sempre, come gli anziani che si affacciano alla finestra sulla piazza insolitamente animata alla domenica mattina presto. Ci mancherà il verde delle sponde del Po a Torino, e Torino anche, e i finali di un tour e la gratitudine tra partecipanti e organizzatori, confini che scompaiono quando si ricorda. Vento non esiste, è un disegno su carta, ma Vento è sempre esistita: nelle bocciodrome in golena, negli orti in Monferrato, nei bar a Settimo Torinese, nelle provinciali trafficate, nella ghiaia e nelle persone che spuntano ovunque, che sono lì, pronte a fare domande: «ma da dove venite?». Ci torneremo.